Alla vigilia della sentenza per il processo di incitamento all’odio, Salwan Momika, il rifugiato iracheno divenuto noto per aver bruciato copie del Corano in Svezia nel 2023, è stato ucciso. L’atto, compiuto in segno di protesta contro l’Islam, aveva scatenato una forte reazione internazionale, particolarmente nei Paesi musulmani, creando tensioni diplomatiche tra la Svezia e diverse nazioni islamiche. Il culmine della vicenda era stato l’assalto dell’ambasciata svedese a Baghdad.
La vicenda riaccende il dibattito sulla libertà di espressione, la sicurezza nazionale e i rapporti tra la Svezia e le comunità musulmane. La sentenza per il processo di incitamento all’odio per motivazioni etniche, reato per cui era stato rinviato a giudizio Salwan Momika insieme ad un altro cittadino iracheno, Salwan Najem, era attesa per oggi ma le circostanze ne hanno determinato il rinvio al 3 febbraio. Proprio in nome della libertà di espressione, le autorità svedesi, dopo un primo divieto, avevano infine consentito i roghi del Corano.
Nei mesi scorsi, Momika aveva ricevuto numerose minacce di morte e viveva sotto protezione dopo le sue azioni provocatorie. Mentre le indagini della polizia per chiarire la dinamica dell’omicidio e individuare eventuali responsabili sono in corso, si attendono gli sviluppi e le reazioni, senza escludere che l’omicidio di uno dei due coimputati potrebbe avere dei risvolti, più o meno diretti, sulla imminente sentenza.